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Editoriale: Un Architetto dell’Informazione, in qualunque modo si faccia chiamare di Eric Reiss
Editoriale: Un Architetto dell'Informazione, in qualunque modo si faccia chiamare
di Eric Reiss
Titolo originale: An Information Architect by any Other Name (Editorial).
Pubblicazione: Journal of Information Architecture. Vol. 2, No. 2. (2011)
URL: http://journalofia.org/volume2/issue2/01-reiss/
Traduzione: Ilaria Perrone, Maggio 2012
Traduzione in formato .DOC: http://iainstitute.org/documents/translations/italian/Aninformationarchitechtbyanyothername.doc
Traduzione in formato .PDF: http://iainstitute.org/documents/translations/italian/Aninformationarchitechtbyanyothername.pdf
Il semplice fatto che stiate leggendo questo Giornale mi dice che siete differenti. Siete coloro che erediteranno la terra. Non in quanto miti, ma perché riconoscete l'importanza dell'architettura dell'informazione.
Mai nella storia mondiale tante ‘persone qualunque' hanno avuto accesso ad una tale quantità di informazione di alto profilo. Internet, combinato con reti mobili ad alta velocità e dispositivi di dimensioni più ridotte, non più esclusiva competenza di monaci e monarchi, è in grado di recapitare segreti di stato come consigli sul sushi direttamente sui vostri palmari (‘palmari' è già un neologismo?).
In breve, non c'è mai stata necessità maggiore di coloro che comprendono come organizzare questa informazione. VOI.
L'architettura dell'informazione è morta? Assolutamente no! Non è neppure malata. Permettetemi di condividere alcune osservazioni personali a proposito del nostro settore.
Un glorioso inizio...
Praticavo l'architettura dell'informazione da decenni quando un collega mi scaraventò sulla scrivania "Architettura dell'Informazione per il World Wide Web" di Rosenfeld e Morville, il libro dell''orso polare ". A quel tempo ero ‘ufficialmente' un copywriter in un'agenzia pubblicitaria ed ero ben lieto di scoprire come le mie attività avessero un nome. Prima di allora, avevo creato le mie "strutture interattive", le mie "disposizioni di contenuto" e i "diagrammi di flusso" per i miei del nostro esordiente dipartimento multimediale. Fin dal 1973, stavo già mappando i giochi di avventura (esattamente, cose del tipo ‘caselle e frecce'). Questa era tutta architettura dell'informazione - anche se Richard Saul Wurman ancora non gli aveva dato un nome.
Il primo Summit dell'AI ebbe luogo nell'Aprile del 2000 a Boston. È stato sorprendente incontrare così tante altre persone che stavano affrontando sfide simili alle mie. Si sono strette molte amicizie durature e in molti modi considero il Summit di Boston quale culla della nostra civilizzazione.
... Ma a quel punto siamo diventati arroganti...
Dopo un inizio elettrizzante, è esplosa la bolla di internet e dal 2002 iniziò a dilagare un senso di sfiducia verso tutti quei titoli ‘insoliti' indicati sui biglietti da visita, di tutte quelle persone coinvolte nella comunicazione interattiva.
Alcuni dei leader all'interno della nostra community esordiente hanno conseguentemente proclamato che non c'erano più architetti dell'informazione. Piuttosto, sono diventati "business analysts" fai da te e hanno considerato importante distanziarsi dalla comunità AI. Triste a dirsi, solo pochi di questi provocatori sapevano davvero di business analysis e ad oggi la maggior parte di loro è sono nuovamente parte della scena AI. Questo è un bene. Abbiamo bisogno di queste persone - soprattutto se hanno raccolto un po' di dimestichezza negli affari.
1. ... ed ora attacchiamo ciò che non conosciamo
Nell'anno passato abbiamo visto alcune persone molto brillanti dire cose davvero sciocche sull'industria della pubblicità. Ma non equivochiamoci su questo, non comprendere la nostra industria non significa essere malevoli o stupidi. Caveat lector: le agenzie di pubblicità diventeranno senza dubbio i maggiori datori di lavoro se comprenderanno anche come funziona la comunicazione on-line: hanno numerosi talenti in casa ma non sanno ancora come metterli a frutto e tendono a fare uso improprio degli architetti dell'informazione che ingaggiano.
Con l'avvento del contenuto generato dagli utenti, e nello specifico dei social media, il bisogno dei nostri talenti è aumentato molto. Sfortunatamente, la maggioranza delle persone che lavorano nella pubblicità continua a guardare al web come ad un semplice ulteriore canale di broadcast, cosa che non è. Se un'agenzia tradizionale vuole dar l'impressione di essere web-competente, talora assume assumono o nominano nomina un ninja digitale - che puntualmente fa a botte con i creativi - copywriter vecchia scuola e i direttori artistici. E seppur i ninja digitali possano conoscere una o due cosa circa il contenuto, generalmente non sanno molto sul come organizzarlo.
Quando le agenzie si svegliano e iniziano ad assumere persone che davvero sono competenti, la nostra comprensione della comunicazione che si sposta da un focus demografico a quello del comportamento individuale sarà il nostro asso di briscola. E più sappiamo intorno ai modelli pubblicitari (come per esempio AIDA) minore è la possibilità per cui chi lavora nella pubblicità ci definisca stupidi o maligni. In definitiva, sarà la nostra comprensione delle discipline sia dentro che aldilà dell'AI che ci assicurerà un posto intorno al tavolo in cui si prendono le grandi decisioni.
2. Vino vecchio in una botte nuova
Questo ci conduce ai creativi delle "strategie del contenuto", i "ministri senza portafoglio" della nostra industria. Il gioco di parole è intenzionale: i compiti dei creativi di "strategie del contenuto" sono virtualmente identici a ciò che gli architetti dell'informazione hanno creato nello scorso decennio.
Una confessione, sono stato "Content Strategist" sul mio biglietto da visita fino al 2004 circa. Oh, mi stavo occupando di AI, ovviamente, ma il titolo alternativo era meno minaccioso per i clienti avvezzi ad avere a che fare con la comunicazione off-line e guardinghi nei confronti di chi faceva comunicazione on-line. Ma, statene certi, la mia nuova partita di biglietti da visiti reciterà "Architetto dell'Informazione" - penso davvero che il nostro momento sia davvero giunto.
3. L'AI è ora UX? No!
In conclusione, abbiamo assistito recentemente ad alcuni dei leader della nostra comunità suggerire che service design, interaction design, o user experience sono ciò di cui l'AI si occupa veramente. Sebbene AI, interaction design, e service design siano importanti, sono discipline complementari. Sento fermamente che finiranno sotto l'ombrello collettivo chiamato "user experience" - che probabilmente non è una disciplina.
Suggerire che la "user experience" dovrebbe diventare il nuovo nome per "architettura dell'informazione" è assurdo. Se non altro, l'espressione "user experience" risulta attualmente perfino più oscura alla business community piuttosto che all'architettura dell'informazione.
Quando diventa questione di nomi, vi esorto ad abbracciare l'architettura dell'informazione. Non possiamo guadagnare terreno nella business community senza stare insieme - questo è l'equivalente sociale del quorum sensing per i batteri. Google.it.
4. Come forniamo valore tangibile
Sebbene business analysts, content strategists, ninja digitali, ed alcuni copywriter della pubblicità comprendano le "scatole" (es. "contenuto"), solo gli architetti dell'informazione possono creare "frecce" significative (es. connessioni tra pezzi di contenuto) - quelle connessioni che guidano e supportano le persone per prendere decisioni più sagge. Per anni abbiamo sentito dire che "il contenuto è sovrano". Se le cose stanno così, allora il "contesto" deve certamente essere il regno. E noi siamo signori indiscussi di questo reame.
Vi Auguro un prosperoso 2011. Avete ancora ogni possibilità di rendere quest'anno uno dei più memorabili, per promuovere voi stessi, e per promuovere la nostra disciplina. Non permettete a nessuno di allontanare da voi questa opportunità.
Eric Reiss
Guest Editor
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